Ipertensione polmonare primaria: che cos'è?
L'ipertensione polmonare primaria è una malattia progressiva. La maggior parte delle persone colpite sono donne di media età. L'eziologia è sconosciuta, sebbene fattori familiari e genetici sono presenti nel 6% dei casi.
L’ipertensione polmonare primaria è una rara malattia del polmone, nella quale la pressione del sangue nell’arteria polmonare supera i livelli normali senza nessuna ragione apparente.
Le attuali teorie pato-genetiche vedono alla base una disfunzione endoteliale ed anomalie dei canali del calcio delle fibre muscolari liscie.
La terapia anti-coagulante orale trova indicazione in tutti i pazienti.
Il trapianto di polmone è da eseguirsi solo dopo il fallimento della terapia medica.
La septostomia atriale è un trattamento alternativo e palliativo in casi selezionati.
La patologia, per fortuna rara, ha un’azione devastante sulla vita lavorativa, sociale e familiare di 3-4 mila italiani. In 7 casi su 10, coinvolge le donne, molte delle quali hanno un’età compresa tra i 40 e i 50 anni. Il precoce riconoscimento della malattia, è importante perché consente di rivolgersi subito ad un centro specializzato nella cura ed oggi sono disponibili nuovi ed efficaci farmaci.
Purtroppo, a tutt’oggi, di questa patologia non si sa molto. È però accertato che nel 6-15 per cento dei casi può essere familiare. La causa sta nell’alterazione di due geni, il Bmpr2 e l’Alk1, scoperti di recente, responsabili dell’80 per cento della forma familiare.
La prevalenza femminile è dovuta agli ormoni femminili che possono influire negativamente sulla circolazione sanguigna polmonare. Si è anche capito che un ruolo importante è giocato dall’endotelina-1, una piccola proteina con azione vasocostrittrice che, se è presente nel sangue in quantità esageratamente elevata, provoca non pochi danni.
«È un potente vasocostrittore dei vasi sanguigni. Inoltre, è in grado di richiamare all’organo danneggiato, in questo caso i polmoni, cellule infiammatorie che amplificano il danno all’organo stesso», dice la professoressa Ariela Benigni, responsabile del Dipartimento di Medicina Molecolare dell’Istituto Mario Negri di Milano.
L’esordio della malattia è spesso subdolo: senso di affanno in presenza di sforzi anche lievi, pesantezza allo stomaco, ritenzione di liquidi che gonfiano le caviglie, vertigini, debolezza muscolare, difficoltà respiratorie. «Vengono riconosciuti – spiega Nazzareno Galié – due tipi di ipertensione arteriosa polmonare, una “primaria” che non ha una causa precisa, e una “secondaria” che colpisce 60 mila italiani ed è conseguente ad un problema cardiaco, come l’infarto, lo scompenso, una valvulopatia, o una patologia respiratoria, quale la bronchite cronica, l’enfisema o l’embolia polmonare.
La forma “secondaria” si può curare trattando il disturbo cardiaco o respiratorio sottostante, mentre la “primaria” può essere tenuta sotto controllo con farmaci specifici. Quelli di ultima generazione si legano in modo selettivo ai recettori dell’endotelina».
L’ipertensione polmonare primaria è una rara malattia del polmone, nella quale la pressione del sangue nell’arteria polmonare supera i livelli normali senza nessuna ragione apparente.
Le attuali teorie pato-genetiche vedono alla base una disfunzione endoteliale ed anomalie dei canali del calcio delle fibre muscolari liscie.
La terapia anti-coagulante orale trova indicazione in tutti i pazienti.
Il trapianto di polmone è da eseguirsi solo dopo il fallimento della terapia medica.
La septostomia atriale è un trattamento alternativo e palliativo in casi selezionati.
La patologia, per fortuna rara, ha un’azione devastante sulla vita lavorativa, sociale e familiare di 3-4 mila italiani. In 7 casi su 10, coinvolge le donne, molte delle quali hanno un’età compresa tra i 40 e i 50 anni. Il precoce riconoscimento della malattia, è importante perché consente di rivolgersi subito ad un centro specializzato nella cura ed oggi sono disponibili nuovi ed efficaci farmaci.
Purtroppo, a tutt’oggi, di questa patologia non si sa molto. È però accertato che nel 6-15 per cento dei casi può essere familiare. La causa sta nell’alterazione di due geni, il Bmpr2 e l’Alk1, scoperti di recente, responsabili dell’80 per cento della forma familiare.
La prevalenza femminile è dovuta agli ormoni femminili che possono influire negativamente sulla circolazione sanguigna polmonare. Si è anche capito che un ruolo importante è giocato dall’endotelina-1, una piccola proteina con azione vasocostrittrice che, se è presente nel sangue in quantità esageratamente elevata, provoca non pochi danni.
«È un potente vasocostrittore dei vasi sanguigni. Inoltre, è in grado di richiamare all’organo danneggiato, in questo caso i polmoni, cellule infiammatorie che amplificano il danno all’organo stesso», dice la professoressa Ariela Benigni, responsabile del Dipartimento di Medicina Molecolare dell’Istituto Mario Negri di Milano.
L’esordio della malattia è spesso subdolo: senso di affanno in presenza di sforzi anche lievi, pesantezza allo stomaco, ritenzione di liquidi che gonfiano le caviglie, vertigini, debolezza muscolare, difficoltà respiratorie. «Vengono riconosciuti – spiega Nazzareno Galié – due tipi di ipertensione arteriosa polmonare, una “primaria” che non ha una causa precisa, e una “secondaria” che colpisce 60 mila italiani ed è conseguente ad un problema cardiaco, come l’infarto, lo scompenso, una valvulopatia, o una patologia respiratoria, quale la bronchite cronica, l’enfisema o l’embolia polmonare.
La forma “secondaria” si può curare trattando il disturbo cardiaco o respiratorio sottostante, mentre la “primaria” può essere tenuta sotto controllo con farmaci specifici. Quelli di ultima generazione si legano in modo selettivo ai recettori dell’endotelina».
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